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La collina di Oliveto, già abitata fin dalla preistoria e poi occupata da popoli etruschi e forse romani, prendeva originariamente il nome di Casale Sociorum, poi diventato Monte Oliveto per la peculiare vegetazione del territorio formato da migliaia di olivi. Nel 776 il territorio di Oliveto fu donato dai duchi longobardi di Persiceto all’abbazia di Nonantola, che lo incluse nel suo feudo finché gli olivetani non si resero indipendenti nel 1131, rimanendo un comune libero per circa un secolo prima di di decidere liberamente di passare al comune di Bologna.

Nel 1428 gli olivetani e i bolognesi si opposero ancora una volta al dominio papale, il quale mandò le truppe mercenarie di Caldora a distruggere l’abitato e il suo castello.

Delle costruzioni dell'antica Oliveto sono rimaste alcune tracce; qualche resto del castello del XI sec. e dell’oratorio di Santa Maria delle Grazie (recentemente restaurato e già esistente nell’anno mille) e la torre-campanile della chiesa di San Paolo, senza facciata e con l’ingresso laterale e al cui interno è conservata una pala attribuita alla pittrice bolognese del ‘600 Elisabetta Sirani. Ma l'edificio più importante e meglio conservato è la cosiddetta Cà Grande dell’Ebreo, sede della comunità ebraica e prima banca della zona. E' una imponente costruzione medievale sui cui muri è rimasta una vecchia lapide in terracotta con scritta in latino che ha consentito di datare il manufatto: "costruita nel 1410 da Salomon Mathasia".  All'inizio dell'abitato è anche la "Bronzina", una costruzione dell’ultimo periodo medievale, fortemente rimaneggiata, che fu albergo dei Grandi di Spagna nel 1527. Eredità del loro passaggio è la festa d'ispirazione spagnola che si svolge annualmente nel borgo, in marzo, ovvero la "Festa della Saracca". Oggetto di questa festa è il "Funerale della Saracca" ossia della sardina essiccata che viene sepolta ai piedi di una croce di legno a simboleggiare la fine delle penurie invernali e l'inizio della primavera.